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IL RACCONTO DELLE NOVE CITTÀ, di Nina Berberova (Guanda)
Scritto nel 1958 questo breve racconto è ambientato nel 1984 con esplicito riferimento a George Orwell e alla letteratura utopistica del secolo scorso.
In tale breve romanzo l’autrice ci fornisce un’immagine della civiltà moderna come un’ entità agghiacciante regolata dal tempo e dalle macchine.
L’io narrante e protagonista della storia, modesto contabile, ha avuto tre giorni di ferie dalla macchina onnipotente che regola la grande azienda per cui lavora.
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In questi tre giorni attraversa, sotto i dardi infuocati del sole, città che si susseguono l’una a incastro dell’altra per raggiungere il grande Golfo e trovare tregua dalla calura estiva.
Ed ecco che l’amore, ingrediente essenziale di molte opere della grande scrittrice russa, torna a bussare e a farsi vivo.
Il protagonista come svegliatosi da un sonno ipnotico si rende conto che l’unica risposta alla sua inspiegabile sensazione di malessere è Daly, una giovane impiegata a suo tempo licenziata dall’azienda. È lei la risposta alla vita, non nei meccanismi stritolanti della metropoli, non nei sogni di grandezza, più o meno velleitari.
Il protagonista, e con lui il lettore, lo scopre al termine della narrazione finemente intessuta di rimandi sottili ed enigmatici e nella deliziosa chiusa: alle dotte domande dell’aiuto contabile, “Daly scosse il capo in segno di diniego…Ma quel movimento le fece cadere il pettine e le si sciolsero i capelli”
Si legge in poco tempo e, seppur a tratti alcuni passaggi sono soffocanti, altri sono di una delicata bellezza, tanto che
Il trionfo dell’amore è paragonabile all’emozione che suscita la nascita di una margherita in un blocco di cemento!
Recensione di Patrizia Zara
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