STORIA UMANA della MATEMATICA, di Chiara Valerio

STORIA UMANA della MATEMATICA, di Chiara Valerio (Einaudi – aprile 2022)

“Se la letteratura nasce quando qualcuno urla al lupo e il lupo non c’è, e la fisica comincia quando qualcuno capisce come accendere il fuoco strofinando le pietre, quando nasce la matematica? La matematica nasce perché gli esseri umani sono impazienti. Torneranno i lupi, saranno piú di noi? Quanto ci vuole per accendere il fuoco con i sassi? La matematica nasce perché gli esseri umani hanno bisogno di segnare il tempo, un prima un dopo – per fare (aspettare qualcosa), o nostalgia (aspettare qualcuno). Per segnare il tempo si sono inventati i numeri, allineare sassolini uno dietro l’altro, annodare un filo, stabilire una successione. Ho letto – io come tutti – che la matematica è nata per una questione di quantità (contare le greggi), e di mercato (venderle), ma io so che è una questione di qualità, prima di tutto, la qualità dell’attesa. La matematica nasce quando gli esseri umani si sono inventati il tempo.”

Cito spudoratamente la sinossi editoriale che, a sua volta, cita un passo dell’epilogo del libro di C. Valerio ( n. 1978- figlia di un fisico e di una segretaria comunale, bambina prodigio; laureata con dottorato e specializzazione in matematica; autrice di romanzi e racconti; traduttrice; presta collaborazione per il cinema, case editrici, Rai).

Non mi sarà facile scrivere su questo libro che per me ha rappresentato una sfida ( tra noi usa dire che chi è “a righe”, come la sottoscritta, mal si adatta alla visione di chi è “a quadretti”!), ma ci ho provato!

La difficoltà non è rappresentata solo dall’argomento ma anche dalla modalità vulcanica della scrittura che mescola aspetti autobiografici, storici, letterari, di cinema e perfino di animazione, a quelli scientifici, appunto. Per cui non si può definire un testo di divulgazione, o di riflessione, ma neanche un romanzo: quasi un genere particolare.

Come dice il titolo, la matematica è connaturata alle esigenze dell’essere umano, per cui se ne percorre un tratto di storia attraverso grandi matematici e fisici (non in ordine cronologico):

Farkas e János Bolyai (padre e figlio);

Mauro Picone; Henri Poincaré; P.Simon Laplace; Alan Turing ( risolutore di Enigma); Norbert Wiener ( padre della cibernetica); Lev Landau, sono i principali.

E… Euclide o Pitagora?

Punti, rette, piani, figure geometriche, che fine fanno? Mai esistiti, sono sempre stati “immaginari”!.

” La matematica è questa immaginazione che educa all’invisibile, dunque all’amore e ai morti, alle utopie ed ai fantasmi e che ci ha portato lontano lontano nel tempo e nello spazio”.

Perfino la geometria euclidea è un’ipotesi; o meglio: è possibile costruire un’altra geometria? quale geometria è vera nella realtà? senza rimandare all’ infinito?

O forse è più ” umano” considerare gli assiomi della geometria convenzioni funzionali così come lo è il sistema metrico decimale. Come il linguaggio, o le unità di misura, la geometria non ha verità, ma opportunità.

Se questi interrogativi occupano la narrazione dei primi capitoli, nel terzo, con la descrizione del sistema dell’universo viene introdotta la teoria della probabilità, argomento che ha ossessionato non solo i matematici ma anche i… giocatori d’azzardo.

Appartiene, poi, in senso stretto alla Storia, esattamente alla Grande Guerra, la vicenda del matematico normalista, professore di calcolo, che elaborò le tavole di balistica corrette per il fuoco preciso dell’artiglieria sulle fortificazioni austoungariche, dando un altro impulso alle sorti delle battaglie. (La storia della balistica è in realtà la storia della forza di gravità, del movimento e del principio di inerzia, e in un certo senso comincia con Aristotele ). Il calcolo differenziale, da studio teorico, diviene applicazione pratica che risolve e semplifica le cose. ( L’Istituto per le Applicazioni del Calcolo, IAC, oggi si occupa ,tra l’altro, di restauro dei monumenti).

Il capitolo che più mi ha appassionato è stato il penultimo ( nell’ultimo l’autrice trae delle conclusioni sulla sua esperienza personale): quello sulla cibernetica, dal significativo titolo “L’uso umano degli esseri umani”.

La tematica è chiara ed attuale: la minaccia della meccanizzazione e macchinazione dell’umanità.

La macchina può liberare l’uomo dalla fatica, ma può assoggettarlo quando esso non si preoccupa di valutarne i meccanismi e le “affida la scelta tra bene e male” . L’argine è lo studio!

Le implicazioni sono molte e importanti, sconfinano nell’etica e nella visione del futuro: difficili qui da trattare tutte.

Per me rimane fondamentale l’obiettivo non di “mimare l’uomo attraverso le macchine, ma di sviluppare un linguaggio, sempre più preciso, efficace, condiviso, con il quale l’uomo e le macchine possano dialogare”.

Consapevole di aver trattato sommariamente e con grandi lacune il libro, spero però di aver suscitato almeno curiosità in chi volesse leggerlo o desiderio di intervenire da parte di chi lo conosce.

Recensione di Maria Guidi

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