CHIEDERÒ PERDONO AI SOGNI, di Sorj Chalandon

CHIEDERÒ PERDONO AI SOGNI, di Sorj Chalandon (Keller 2014)

Mentre leggevo questo libro – bello, bello, bellissimo – mi chiedevo come un giornalista
francese potesse conoscere in modo tanto approfondito la questione nordirlandese, come
potesse testimoniare in modo così vivido i sentimenti di un militante repubblicano ai tempi
dei Troubles che hanno attraversato, nel secolo scorso, l’Ulster, da Belfast a Derry,
passando per Newry. Poi, cercando informazioni in rete, ho capito.

Chalandon, giornalista edinviato, ha avuto modo di seguire da vicino la questione nordirlandese, stringendo amicizia con Donald Donaldson, attivista IRA e rappresentante dello Sinn Féin, la cui storia non mi era nuova. Si trattava infatti di un repubblicano, coetaneo di Chalandon, che, nel 2005,
dichiarò in una conferenza stampa di aver tradito, venticinque anni prima, la causa
indipendentista passando ai servizi segreti britannici. Donaldson fu ritrovato morto nell’aprile
del 2006.

Ed è a questa vicenda che Chalandon ha dedicato due suoi romanzi, questo e Il mio
traditore. Chiederò perdono ai sogni, in particolare, racconta la vita di Tyrone Meehan, i suoi
sogni di libertà, il suo impegno militare, le sue lotte, i suoi errori e i suoi sensi di colpa.
Meehan è un assassino cattolico, ha visto le torture di Long Kesh, ha partecipato alla
Blancket protest, ossia il rifiuto di portare la divisa del carcere e ha scelto la nudità, protetta
solo dalla coperta data in dotazione, per protestare contro la cancellazione dello status di
prigionieri politici degli irlandesi accusati di rappresentare l’IRA, voluta dalla Thatcher nel
1979. E’ stato in carcere al tempo di Bobby Sands. Per capire la vita a Long Kesh, le torture
inflitte agli accusati di militanza terroristica, lo sciopero della fame attuato da Sands e
compagni consiglio la visione di Hunger, con Michael Fassbender, regia di Steve McQueen.
Realistico e doloroso, rabbioso ed intenso proprio come questo romanzo.
Le esperienze di Meehan iniziano con la militanza del padre, un irlandese del Donegal, il cui
motto era “Éirinn go Brách” (Irlanda per sempre, in gaelico), ai tempi di James
Connolly (anche qui, se volete farvi un idea, c’è il film Michael Collins, con Liam
Neeson, per la regia di Neil Jordan), da cui il ragazzo eredita i sogni e la tenacia. I
sentimenti repubblicani di un giovane cattolico si intensificano con il trasferimento
della sua numerosa famiglia, ormai orfana di padre, a Belfast. Seguiamo le vicende
di Tyrone dagli anni ‘40 fino alla processo di pace, culminato col cessate il fuoco del
31 agosto ‘94. E poi il suo esilio, dopo la terribile confessione del tradimento, nel
2006.

Sullo sfondo, una Belfast dolente, straziata dalla guerra civile, dai blitz dei vari
eserciti e paramilitari dell’Ulster, lealisti a servizio della corona britannica, la
ghettizzazione dei cattolici indipendentisti, la loro fame, la loro miseria e i loro strenui
ideali. Chalandon, come dicevo, ci porta dentro questa realtà in modo molto definito,
con una scrittura intensa e incisiva, vibrante ed emozionante – io ho pianto spesso
durante la lettura, per rabbia, davanti alle prevaricazioni, alle torture, all’accanimento
contro una minoranza rabbiosa e schiacciata.

La Belfast di Falls Road, che ancora oggi porta le cicatrici di quella guerra, le lapidi
dei morti uccisi su quella strada, il parco del Memoriale, la sede dello Sinn Féin dove
troneggia il famoso murales con il ritratto di Sands e le sue parole di resistenza. Le
camionette blindate che pattugliano la zona cattolica, con le madonnine di gesso
alle finestre inferriate, separata da quella protestante, Shankill Rd, da un muro, con un
nome assurdo: “il muro della Pace”. Giardini posteriori di Falls che confinano con
quelli di Shankill, protetti ancora oggi dalle “rear cages”, gabbie che li coprono
completamente, come se, per stare tranquilli, si dovesse vivere in prigione. Ecco,
Belfast, con il suo Hotel Europa, l’edificio più bombardato al mondo dopo Sarajevo, è
stata una delle città che mi hanno emozionato di più, la sua storia, le sue sofferenze
rimangono lì, visibili, perché niente venga dimenticato.

Leggere questo favoloso romanzo di Chalandon mi ha scaraventato di nuovo lì, con
una visione piuttosto oggettiva, mai così estrema, della situazione e delle scelte
dell’IRA e dell’Irlanda in quei contesti storico-politici. Mi è sembrato che l’autore
abbia dato una voce piuttosto critica a Meehan e a qualche altro personaggio, che
risultano avere notevole carisma e spessore. Non si può, però, non appoggiare le
scelte del protagonista, sia che appaiano giuste sia che sembrino sbagliate, perché
in tutto c’è una logica, compreso quel fatidico tradimento, intriso di sensi di colpa
vecchi e nuovi.

Non avrei mai pensato di amare così tanto un romanzo sui Troubles scritto da un
non-nord-irlandese, invece Chalandon mi ha stupito, molto, emozionandomi ad ogni
pagina, tra rabbia e dolore, impotenza e compassione. Vi posso solo dire: leggetelo,
se potete

Recensione di Chiara Carnio

CHIEDERÒ PERDONO AI SOGNI Sorj Chalandon

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